Sosteniamo il sostegno: l'articolo di Ugo Avalle
Mi scusino i lettori il banale gioco di parole, “gioco” che cessa subito se si correda l'espressione con un punto esclamativo o interrogativo. Sicuramente il punto esclamativo viene posto dai docenti di sostegno del Trentino: essi intendono salvaguardare il ruolo e la figura dell'insegnante di sostegno e contestare la sperimentazione posta in atto in questa regione per “riconvertire” l'80% dei docenti di sostegno in docenti curriculari e gli altri rimanenti utilizzarli in qualità di specialisti di alta competenza tecnica che forniscono consulenza, materiali, strategie a tutti i colleghi curriculari ai quali è demandata l'integrazione. Che occorresse una “rivisitazione” di tale professione si evince già da una ricerca svolta tre anni or sono dalla Fondazione Giovanni Agnelli, dall'Associazione Treellle e dalla Caritas, secondo la quale i docenti di sostegno «Usano il posto come un canale privilegiato per entrare più rapidamente in ruolo»; «Il sostegno è svolto spesso da personale inesperto e impreparato». La soluzione, spiegano nel rapporto, è la creazione dei Cri (Centri risorse per l'integrazione) a livello provinciale o anche subprovinciale. Saranno loro a esaminare i progetti presentati dalle scuole, ad assegnare tutte le risorse destinate alle scuole per l’integrazione e a svolgere un servizio di sportello unico assistendo le famiglie nei vari momenti di vita e integrazione. «Potrebbero diventare centri destinati a risolvere tutte le difficoltà sociali dei bambini con disabilità, anche al di fuori del tempo scolastico», avverte Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana.
Gradualmente gli insegnanti di sostegno dovranno passare all’organico normale delle scuole ed essere assegnati da parte dei Cri in base ai bisogni delle scuole stesse. Alla fine rimarrebbe un congruo numero di insegnanti e personale ad alta specializzazione, di numero decisamente inferiore a quello attuale: stabili nel loro ruolo, a tempo pieno, senza insegnare ma operando nei Cri per svolgere consulenza tecnica e formazione per le scuole. Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, sottolinea: «Le richieste di un insegnante di sostegno vengono esaminate dalle Asl e non dalle scuole». Ma anche troppo «discrezionale» e rigido: «La certificazione si risolve sempre nell’assegnazione di ore di un insegnante di sostegno», è scritto nel rapporto. Anche quando non sarebbe necessario. Risultato? «Insegnanti di matematica che devono occuparsi di bambini dislessici e con difficoltà di apprendimento. Non è la scelta più giusta, né la più economicamente efficiente», sostiene Flavia Amabile, La Stampa Opinioni 14/06/2011.
A leggere queste considerazioni, viene da domandarsi: sosteniamo il sostegno?
Non è il voler dare il solito “colpo al cerchio e uno alla botte”, ma l'esperienza maturata dallo scrivente sia nei numerosi corsi per il conseguimento del titolo di specializzazione polivalente sia per l'aggiornamento dei docenti di sostegno lo induce ad affermare che esistono situazioni per le quali l'incarico di insegnante di sostegno è visto come un “ammortizzatore sociale”; altre, per le quali la presenza del docente di sostegno costituisce un aiuto importante sia per l'alunno con problemi, sia per tutti gli altri alunni della classe. Soprattutto nella classi che ospitano numerosi alunni risulta molto difficile ai docenti curricolari prendersi cura sia del gruppo di alunni “con problemi”, sia dell'alunno “certificato” sia degli alunni “nella norma” e anche delle eccellenze. Quella proposta da Janes è, senza dubbio, una sperimentazione importante: ma con classi numerose e problematiche risulta molto difficile (e a volte impossibile) gestire la situazione in modo ottimale al fine di creare un autentico “ambiente per l'apprendimento”. Vanno bene la personalizzazione dell’insegnamento, il cooperative learning, la peer-education, il tutoring, ma -nelle situazioni scolastiche di cui ho detto sopra- rischiano di risultare inutili o poco produttivi, in quanto gli insegnanti non hanno il tempo sufficiente per dedicarsi in modo produttivo a un numero così elevato e così variegato di alunni. Pertanto, se a “sostenere” sia l'azione didattica degli insegnanti curricolari sia il processo di apprendimento dell'alunno diversamente abile vi fosse la presenza di un docente specializzato, ne trarrebbero vantaggio tutti gli “attori” coinvolti.
Ugo Avalle