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Materiale Didattico

Identificazione degli alunni DSA: competenza osservativa dei docenti


Cosa deve intendersi con il termine “osservazione sistematica” e quali sono gli strumenti di cui servirsi? Nel contributo, anche una proposta di griglia osservativa con indicatori e tabella di sintesi per la Scuola Secondaria di I e II grado. (articolo a cura di L. Ventriglia, A. Capuano, F. Storace)

 

La competenza osservativa dei docenti è sempre stata menzionata nei documenti scolastici; fin dalla Legge 517/1977 si è parlato della necessità di “procedere a osservazioni sistematiche sul processo di apprendimento". Anche nelle recenti Indicazioni Nazionali 2012 si ribadisce: “Lo stile educativo dei docenti si ispira a criteri di ascolto, accompagnamento, interazione partecipata, mediazione comunicativa, con una continua capacità di osservazione del bambino, di presa in carico del suo “mondo”, di lettura delle sue scoperte, di sostegno e incoraggiamento all’evo­luzione dei suoi apprendimenti”. L’importanza della cultura dell’osservazione dei docenti, titolari di funzioni educativo-didattiche, è stata ripresa con forza maggiore dalla recente normativa sulla tematica relativa ai disturbi specifici di apprendimento* (DSA). La Legge 170/2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”, il Decreto attuativo e le “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento”, affidando alla scuola compiti importanti relativamente alla tutela delle persone che presentano queste caratteristiche di natura neurobiologica, attribuiscono un ruolo primario alla competenza osservativa dei docenti.

Infatti, nelle Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA, allegate al Decreto ministeriale del 12 luglio 2011 (p. 5-6) al punto 2, si legge “Osservazione in classe” (. . .) Alcune ricerche hanno inoltre evidenziato che ai DSA si accompagnano stili di apprendimento e altre caratteristiche cognitive specifiche, che è importante riconoscere per la predisposizione di una didattica personalizzata efficace. Ciò assegna alla capacità di osservazione degli insegnanti un ruolo fondamentale, non solo nei primi segmenti dell'istruzione - scuola dell'infanzia e scuola primaria - per il riconoscimento di un potenziale disturbo specifico dell'apprendimento, ma anche in tutto il percorso scolastico, per individuare quelle caratteristiche cognitive su cui puntare per il raggiungimento del successo formativo”.

In questo contributo prendiamo in considerazione il primo obiettivo affidato all’osservazione: identificazione precoce di un potenziale disturbo specifico. Alcuni bambini, rendendosi conto della fatica che stanno facendo per impossessarsi del codice scritto della lingua e, avvertendo la discrepanza tra la propria competenza e quella dei compagni, provano un senso di vergogna e di inadeguatezza (“Non sono capace, non mi riesce”; “è colpa mia se non imparo!”) con conseguente messa in atto di atteggiamenti di rifiuto e rinuncia e di comportamenti problematici sul piano emotivo, motivazionale e relazionale (“Cerco di farmi notare, comportandomi male; rinuncio e non esisto come alunno; non voglio andare a scuola; mi fa male la pancia: voglio tornare a casa”).

Accanto al disagio del bambino in difficoltà c’è il disorientamento delle famiglie, che non riescono a trovare una ragione che giustifichi il “non apprendere” del proprio figlio nell’approccio iniziale alla fase di alfabetizzazione formalizzata nel primo anno di scuola primaria. Ne deriva un’ansia diffusa da parte dei genitori che, di fronte al persistere delle prime incertezze nell’acquisizione strumentale della scrittura e della lettura, assumono comportamenti diversi, tendenti a risolvere o a minimizzare la situazione. Alcuni pensano di agire al posto degli insegnanti, impegnando i figli in compiti aggiuntivi di recupero; altri scaricano la colpa sulla scuola, cercando di squalificarla, attaccandola; altri ancora tendono a eclissarsi, evitando gli incontri con i docenti, oppure si mettono in un atteggiamento di non collaborazione che li spinge ad affermare, di fronte alle difficoltà espresse dagli insegnanti: “Eppure a casa è così bravo... Fa i compiti tutto da solo!”.

(l'articolo continua... scarica il pdf allegato)


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